Il Maggio e la Cima

Pensare che i riti in onore del dio Dioniso/Bacco, siano seppelliti sotto la polvere dei secoli, è assolutamente errato. Nonostante la commistione del culto cristiano, basato su una intensa devozione popolare, e spogliato delle sue connotazioni orgiastiche più estreme, uno rito ancestrale permane da secoli in Lucania.

Parliamo del rito del ‘Maggio’ di Accettura (Matera), uno degli ultimi culti arborei del Mediterraneo, che si distingue per la ricchezza rituale e per il grado di partecipazione fisica ed emotiva che coinvolge un’intera comunità.

Affascinanti sono le ipotesi sulla origine e sul nome del rito di Accettura, notoriamente legato alle piante del cerro (una varietà di quercia) e dell’agrifoglio: non manca chi li riconduce al culto della dea Maja, antichissima divinità latina che personificava il rigermogliare della vegetazione e la fertilità della terra al ritorno della primavera.

D’altro canto però non dimentichiamo che ci troviamo in area di influsso magno-greco, dove Dioniso mostra di frequente natura di divinità arborea, ha la quercia e l’agrifoglio fra i molteplici attributi vegetali dei suoi riti, oltre ad essere considerato il primo ad aver aggiogato i buoi all’aratro (e vedremo quanto spazio abbiano i buoi nel rito di Accettura), senza trascurare inoltre il largo impiego che il vino trova nella celebrazione, in forma di vere e proprie libagioni.

Il rito inizia con la scelta e il taglio del ‘Maggio’, l’altissimo e dritto esemplare di cerro, seguita dalla scelta della Cima, un enorme arbusto di agrifoglio, elemento ‘femminile’ della coppia arborea. I momenti centrali del rito rimangono però il trasporto e l’innalzamento della ‘coppia’. Si delineano così i tratti tipici di questo rito chiaramente improntato a propiziare la fertilità della terra e degli uomini che la abitano, secondo elementi comuni a riti analoghi presenti anche in altre tradizioni europee, ma qui connotato in modo unico da intensi e coinvolgenti elementi di coralità e partecipazione.